È parecchio tempo che medito su questo post. Avevo quasi deciso di non scriverlo, di soprassedere. Avrei potuto intitolarlo, in modo un po’ provocatorio: “I dieci motivi per cui non riesco ad essere vegetariana“.
Ma non voglio provocare alcunché, solo riflettere un attimo su tante cose che spesso capita di sentire, leggere, condividere, sul web e non. A volte, lo ammetto, anche con modi e toni che non mi piacciono, che mi infastidiscono assai.
Avrei potuto essere la perfetta candidata al vegetarianesimo: da bambina mia madre impazziva al solo pensiero di farmi mangiare la famigerata fettina ai ferri. Ho sempre amato i primi piatti, sempre mangiato frutta e verdura.
Ammiro moltissimo i vegetariani e credo che, in media, siano persone che dimostrino ben meno della loro età anagrafica e un motivo ci sarà.
Sono convinta che sia tranquillamente possibile vivere alla grande senza mangiare cibi che derivano da animali morti e, addirittura, mi spingo a dire che credo che, con qualche attenzione, anche i più piccoli potrebbero benissimo crescere al meglio senza “quelle proteine lì”.
Sono quella che era uscita, non così tanto tempo fa, totalmente furibonda da un appuntamento al Policlinico di Milano, con eminenti pediatri (sulla carta), per essersi sentita dire, neppure tanto velatamente, che affamavo mio figlio perché un giorno alla settimana, quando cucinavo i legumi, non gli davo contemporaneamente proteine animali.
Sono quella orgogliosa di avere un bambino di tre anni col quale ho fatto di tutto, dannandomi anche l’anima, per fargli apprezzare i vegetali sin da piccolissimo ed evitare il cibo spazzatura e ora, con infinito orgoglio (su questo almeno ;-)), posso dire di aver cresciuto un estimatore di minestroni, vellutate, insalate e verdure crude, grande mangiatore di mele, che quando andiamo a pranzo fuori e capitiamo in prossimità di un buffet proclama a gran voce: “Io voglio i cetrioli!!!”
Sono quella madre che si è rifiutata di dare carne rossa durante lo svezzamento, che non ne cucina per nessuno se non in casi sporadici ed eccezionali. Fosse per me gli allevatori di bovini sarebbero allegramente falliti anni fa.
E allora, direte voi, dove sta il problema?
Il problema sta che non ne posso davvero più di diktat talebani e ideologici.
La carne fa male. La carne fa venire il cancro.
Potrei anche farne a meno, non fosse che adoro il prosciutto, le fajtas di pollo, il cotechino di capodanno e un tagliere di lardo e pancetta.
Potrei mangiare al suo posto soia, tofu, seitan e compagnia bella: l’ho anche fatto, peccato che, sfortunatamente, al secondo giorno consecutivo di pasti così arrangiati, qualcosa dentro di me scateni un inspiegabile rifiuto. Il disgusto totale per qualcosa che il mio corpo percepisce come finto, artificiale e chimico. In pratica, mi viene la nausea.
E da lì ho riflettuto che, forse, non sempre ha un senso cercare i “sostituti di”: il sostituito è una seconda scelta e nelle seconde scelte c’è dentro una grande definizione di valore. Quello di cui mi accontento, perchè non posso avere ciò che davvero vorrei.
E potremmo andare aventi ore ed ore a disquisire su studi scientifici, teorie mediche ed olistiche, scuole di pensiero, pro e contro, su tutto e su tutti.
Su quantità, misure, proporzioni. Sul fatto che ciò che ora è la somma verità rivelata in terra fino a poco tempo fa era una solenne sciocchezza, quando non esattamente il contrario.
Che è inutile commentare che “ai miei tempi” le noci facevano venire gli attacchi di appendicite e il fegato faceva benissimo per il ferro, soprattutto ai bambini (e qui stendo un velo pietoso, davvero).
Va bene, diamo anche per scontato che la carne faccia male, molto male. Soprattutto se è tanta, se è troppa, o di cattiva qualità.
C’è altro da mangiare, davvero. Molto altro.
C’è il pesce: peccato per gli allevamenti agli antibiotici, gli oceani al mercurio e chissà dio cos’altro. Peccato per il mare, reso un deserto dalla pesca intensiva di gamberetti.
Non parliamo del latte, dei formaggi, per carità: veleno per l’intestino, per il colesterolo, per l’osteoporosi galoppante. Neanche a nominare le uova: il cibo del demonio sarebbe preferibile al confronto.
Nemmeno da nominare zuccheri e dolci. L’obesità, il diabete, la demenza precoce.
Resta ancora altro, verissimo: i cereali, i semi, i legumi. Energia “pulita”, nutriente, completa. Che non inquina, né dentro il corpo né fuori. Che mantiene giovani, efficienti, in salute. Che è pure buona. Che a me personalmente piace molto.
Peccato, però.
Peccato per i pesticidi, i diserbanti, i terreni radioattivi (sì, anche quelli su cui ci sono le coltivazioni biologiche). Peccato per i rifiuti tossici stoccati sotto terra e su cui crescono i favolosi pomodori, gli OGM, il glutine di grano a cui ormai sono quasi tutti intolleranti se non peggio e, allora, mi domando se sia davvero così furbo rimpinzarsi di seitan e di soia cinese.
Peccato per le muffe cancerogene, per le tossine nascoste, per tutto quello che noi umani, volenti o nolenti, non riusciremo mai a controllare come vorremmo.
E allora, se vogliamo essere onesti, con noi stessi e con gli altri, raccontiamocele tutte. E ammettiamo che non siamo immortali, né che mai potremo esserlo.
Nessuno mai, però, che spenda una parola, una sola, su COME MANGIAMO.
Non sul “cosa”, ma sul “come”. Per una volta, almeno.
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E TU, COME MANGI?
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